La nascita dell’Intelligenza Artificiale
Nel 1955, quattro scienziati, tra cui McCarthy e Minsky, proposero uno studio sull’intelligenza artificiale (AI) al Dartmouth College. Il seminario del 1956 viene considerata la data e il luogo di nascita dell'Intelligenza Artificiale.
Neuri
9/22/20243 min read


A riguardarla oggi sembra impossibile.
La storia, intendo.
Tutto inizia con 4 amici (sembra Gino Paoli) che scrivono una lettera per chiedere dei finanziamenti. E’ il 31/08/1955 e per la prima volta, quasi in sordina, viene usata la locuzione “Intelligenza Artificiale”. I 4 amici sono tra le menti più brillanti della seconda metà del ‘900: McCarthy, Minsky, Rochester e Shannon.
Ma sentite cosa scrivono:
«Proponiamo che durante l'estate del 1956 venga condotto uno studio sull'intelligenza artificiale della durata di 2 mesi e 10 uomini al Dartmouth College di Hanover, nel New Hampshire. Lo studio deve procedere sulla base della congettura che ogni aspetto dell'apprendimento o qualsiasi altra caratteristica dell'intelligenza può in linea di principio essere descritto in modo così preciso che si può costruire una macchina per simularlo. Si cercherà di scoprire come fare in modo che le macchine utilizzino il linguaggio, formino astrazioni e concetti, risolvano tipi di problemi ora riservati agli umani e migliorino se stesse. Pensiamo che si possa fare un progresso significativo in uno o più di questi problemi se un gruppo accuratamente selezionato di scienziati ci lavora insieme per un'estate.»
Ogni volta che lo rileggo rimango di stucco. 10 uomini in 2 mesi potranno raggiungere risultati significativi!
E’ incredibile la sottovalutazione delle difficoltà.
Ma non finisce qui.
Ottengono i fondi e l’estate seguente si svolge il seminario di lavoro Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence.
In teoria si sarebbero dovute analizzare molte idee diverse per la creazione di sistemi intelligenti, anche le reti neurali. Nella pratica tre dei partecipanti, Newell, Simon e Shaw, presentano il Logic Theorist, un programma che aveva lo scopo di dimostrare i Principia Mathematica di Whitehead e Russell, usando assiomi, regole ed euristiche simili a quelle che utilizzano i matematici stessi. Avviene qualcosa di straordinario. Non solo il Logic Theorist riesce a dimostrare 38 dei primi 52 teoremi del Principia Mathematica, ma per uno di essi suggerisce addirittura una dimostrazione diversa e più elegante di quanto avessero fatto Whitehead e Russell (e chi si occupa di matematica sa quanto è importante l’estetica delle dimostrazioni: quel “più elegante” è particolarmente significativo!)
Tali risultati generarono enormi aspettative sulle possibilità che l’approccio logico-linguistico prometteva di avere, a scapito dell’approccio con reti neurali.
Ecco uno stralcio del discorso che l’anno dopo Simon terrà alla Operations Research Society of America il 14 novembre 1957:
«Newell ed io ci aspettiamo che fra 10 anni:
un calcolatore digitale sia campione mondiale di scacchi […]
un calcolatore digitale scopra e dimostri un nuovo teorema matematico importante
un calcolatore digitale scriva musica che per i critici possa avere un notevole valore estetico
la maggior parte delle teorie in psicologia prendano le forme di programmi di calcolatore, ovvero di affermazioni qualitative sulle caratteristiche di programmi di calcolatore […]
Il modo più semplice di riassumere la situazione sta nel dire che oggi ci sono macchine che pensano, che apprendono e che creano. Inoltre, la capacità di fare queste cose crescerà rapidamente, finché, in un futuro visibile, la gamma dei problemi che potranno affrontare coinciderà con quella dei problemi a cui si è applicata la mente umana.».
Con un linguaggio poco accademico, forse troppo informale, ma sicuramente efficace, mi sento di dire che hanno preso una sbornia!
Del resto è comprensibile. Stiamo parlando di un numero ristretto di ricercatori e studiosi tra i più brillanti al mondo che operano nella campo della Computer Science, della Logica, della Matematica, della Fisica. E ovviamente sanno di essere persone particolarmente intelligenti. Ma in che senso “intelligenti”? Nel senso che veniva dato a quei tempi: sostanzialmente un’intelligenza di tipo logico-matematica. Si potrebbe dire l’intelligenza di un giocatore di scacchi di alto livello (infatti lo erano più o meno tutti). Il loro metro di misura era quello e in pochissimo tempo avevano ottenuto incredibili risultati proprio nei settori che venivano considerati l’espressione più alta dell’intelligenza umana.
Da lì alla sbornia il passo è breve.
Probabilmente il ragionamento (forse in parte addirittura inconscio) che deve essere emerso è il seguente: se siamo riusciti a riprodurre le attività umane intelligenti di più alto livello, sicuramente sarà facile riprodurre le attività più semplici, quelle legate al “senso comune”, che non hanno bisogno di particolari doti di spiccata intelligenza, ma sono patrimonio comune della maggior parte degli esseri umani.
Niente di più sbagliato! Riporto un solo esempio, ma emblematico.
Newell, Simon e Shaw (quelli del Logic Theorist) tentano la programmazione del General Problem Solver, programma che doveva essere in grado di affrontare e risolvere qualsiasi tipo di problema di natura logico matematica. Dopo alcuni anni l’impresa viene abbandonata perché vengono evidenziati problemi che, sottovalutati in un primo tempo, si dimostrano insormontabili.
Intanto stava succedendo un’altra cosa. Una specie di piccola vena carsica che senza tanti clamori, anche se con molte difficoltà, si stava facendo strada. Ma ne parliamo la prossima volta.